FAVOLE ON THE ROAD una favola al giorno...toglie la noia d'intorno!

martedì 5 gennaio 2021

UN MONOPATTINO PER LA BEFANA


La Befana abita vicino a me, proprio qui in Appennino modenese, la conosco bene io!
E’ una donnina normale, tutta casa e famiglia e non è neppure brutta come si va raccontando. Durante l’anno si occupa delle sue galline, dei conigli e presta servizio saltuario in una pasticceria del paese. Ha un compagno che con lei, nei giorni di festa, condivide belle passeggiate nei boschi, amano mangiare crescentine, accompagnate da un buon lambrusco locale e fare feste con gli amici. Una coppia come tante, ma che purtroppo il destino ha privato del regalo più bello: non hanno mai avuto i bambini che tanto desideravano. La Befana, ha un nome vero all'anagrafe, ma che per questioni di privacy, non posso rivelare. Alla notizia che le diede un anonimo medico, si disperò fino a cadere in una depressione preoccupante, lei desiderava tanto dei bambini da crescere, ma purtroppo, la sorte aveva deciso diversamente. Non potendo nulla, implorò tutti i Santi del cielo, si affidò anche ai miracolosi spunsòri, che altro non sono che preghiere ripetute con un rito particolare per tredici volte, e che secondo le promesse, avrebbero aiutato a trovare le cose perdute. La Befana aveva perso l’opportunità di essere mamma e neppure Sant’Antonio con i suoi spunsòri poté aiutarla. Non si diede per vinta e consultò un signore della pianura vicina che si andava dicendo fosse un mago. Nella sua lunga carriera quell’uomo aveva aiutato parecchie persone ad esaudire i propri desideri e la Befana, si affidò a lui fiduciosa. Il mago l’accolse nella sua casa, ascoltò le sua pena e sedendosi al suo fianco, le disse che mai avrebbe potuto darle quello che il destino le aveva negato ma che, se avesse accettato, le avrebbe dato l’occasione per far felici tutti i bambini del mondo. Le raccontò di personaggi famosi che già prestavano quell’opera volontaria degna di ammirazione: Babbo Natale, Santa Lucia, Gesù Bambino ecc… La Befana ascoltò incredula e rispose al mago di non possedere  né il carisma né la magia dei personaggi elencati. Lui la rassicurò, dicendole di poterle fornire tutti gli strumenti necessari e aggiunse che per il servizio svolto a favore della magia, in cambio avrebbe avuto l’immortalità per sé e il suo compagno. La donna titubò un attimo, ma poi pensando a tutti quei bambini che avrebbe fatto felici, accettò e divenne ufficialmente la Befana. Il mago le consegnò la scopa volante e la mappa del mondo, le diede le prime lezioni di volo, poi le disse che il suo compito principale era quello di premiare i bambini buoni con dolcetti, mandarini, frutta secca, caramelle, e quelli cattivi con carbone. La Befana se ne ebbe un pochino perché secondo il suo pensiero non c’erano buoni o cattivi da premiare o punire, ma solo bambini, e da subito, non potendo sottrarsi alle regole della tradizione, meditò d’ingannarle. In mente aveva già la ricetta del carbone dolce da succhiare. La Befana se ne tornò a casa con la sua nuova scopa magica e raccontò al compagno del patto fatto con il mago di pianura, lui rimase stupefatto, e superata l’incredulità, si propose d’aiutarla per recuperare la frutta e i dolci da distribuire nella notte del 5 gennaio di ogni anno. Io non ho mai saputo quando successe tutto questo, neppure la Befana se lo ricorda, tante volte gliel’ho chiesto ma mi risponde sempre che sono passati secoli, tanti secoli. Qualche settimana fa, sono andata a trovarla per prendere un caffè in compagnia ed eventualmente aiutarla a confezionare caramelle. L’ho trovata arrabbiatissima perché le si era rotto il manico della scopa  e il suo compagno, che è l’esperto della manutenzione, se n’era andato a ciaspolare con amici e sarebbe tornato il pomeriggio del 5 gennaio. Troppo tardi! Le proposi di approfittare del bonus monopattino del governo, d’altronde le disse che era giunto il momento di modernizzarsi un poco. L’aiutai a fare la richiesta online che immediatamente venne accettata. Sarebbe stato un guaio rifiutare un aiuto così importante alla Befana! Bonus alla mano, l’accompagnai in città a comprare il monopattino e passammo poi dal famoso mago perché lo rendesse volante. Lui fu un poco contrariato perché sosteneva che le tradizioni non andavano stravolte, ma su nostra insistenza si convinse. Nel ritorno a casa lo collaudai anch’io il monopattino volante, e fu una grande emozione volteggiare in mezzo ai fiocchi di neve che scendevano copiosi sulla Valrossenna. Non era ancora sera tarda e la Befana pensò di passare a Rovaniemi a fare un saluto a Babbo Natale. Sorvolammo le Alpi innevate e in men che non si dica, atterrammo davanti alla baita del grande vecchio. Lo trovammo in pigiama davanti al fuoco, con un elfo che gli massaggiava vigorosamente i piedi. Ci accolse ospitale, offrendoci un vin brûlé bollente dal forte sapore di cannella. Fu provvidenziale quella bevanda calda perché la temperatura d’alta quota, ci aveva raggelato le ossa. La Befana entusiasta gli raccontò del suo nuovo monopattino e lui ascoltandola, aggrottò la fronte e si disse contrariato. La mia amica le spiegò le ragioni della scelta, dicendogli: «Caro il mio collega, tu che sorvoli i cieli su di una slitta scintillante trainata dalle renne, completa di tutti i confort, e che mai, hai provato a volare a cavallo di una scopa con un pesante sacco in spalla, non puoi certo capire e nemmeno giudicare». Babbo Natale le rispose con le stesse parole del mago, ossia che le tradizioni andavano rispettate sempre. La Befana, più che mai convinta della sua scelta ribatté: «Natalino caro, mica ho preso una Ferrari, da mille cavalli, non c’era neppure il bonus per quella perché altrimenti ci avrei pensato! Mi servirò di un normale, comune monopattino che gentilmente il governo mi ha pagato». La discussione in quella baita del Polo Nord, si stava facendo accesa e io non c’entrando nulla con la magia, andai in cucina dove trovai un’elfa intenta a preparare la cena. Quella strana donnetta mi offrì un biscotto e mentre l’addentavo, suonò ripetutamente la campanella dell’ingresso. Curiosa, tornai in salotto dove vidi che era arrivata Santa Lucia a dire la sua. Mi sedetti in un angolino e ascoltai in silenzio lo scambio di vedute di quei mitici personaggi. La Befana rinforzava la sua scelta ma gli altri due, insistevano per conservare le antiche tradizioni. Finalmente arrivò Gesù Bambino, accompagnato da suo padre Giuseppe, notai felice che almeno quella creatura divina, era stata vestita con un maglioncino fatto ai ferri da sua madre. Il Bambinello entrando, alzò la mano al cielo e benedisse tutti poi, come era nella sua indole, cercò di smorzare gli animi e di mettere pace dicendo: «Signori, abbiamo uno scopo comune che è quello di rendere felici i bambini del mondo e non importa il mezzo di trasporto ma il messaggio che vogliamo portare» continuò: «Siamo tutti consapevoli dei grandi cambiamenti avvenuti nel mondo e io per primo, condivido la modernizzazione che spesso ci aiuta, ma tutti noi, io compreso, ci scordiamo dei bambini invisibili, quelli che vivono in famiglie indigenti, quei bimbi che abitano luoghi poveri. A loro raramente pensiamo, perché pure noi, Santi e magici personaggi, nel corso dei secoli, abbiamo preferito percorrere le strade più facili » concluse: «La Befana che è una Santa donna, ha fatto bene a sostituire la vecchia scopa con un mezzo più veloce e confortevole ma vorrei tanto che quest’anno fosse proprio lei a dare il via al cambiamento, arrivando là dove nessuno di noi è mai approdato». Nel salotto scese il silenzio, Gesù Bambino aveva ragione e tutti chinarono la testa sentendosi colpevoli. La Befana si disse d’accordo, e con la mano mi fece cenno che era ora d’andare. Salutammo quei personaggi che mai più avrei rivisto, e decollammo in mezzo alla neve per tornare nella nostra Valrossenna. La Befana mi chiese d’aiutarla a preparare più dolci da distribuire a quei bambini che Gesù Bambino aveva chiamato invisibili ma che lei conosceva bene, sapeva il nome e le difficoltà di ognuno di loro. Ci mettemmo ad impastare goloserie nella sua grande cucina, l’aroma della vaniglia e della cannella, invasero la Valrossenna e in un attimo tutti gli abitanti arrivarono a dare una mano. Altro che elfi! La Befana quella notte, aveva un paese intero ad aiutarla. Lavorammo per ore e ore senza fermarci mai e finalmente la sera del 5 di gennaio, finimmo la produzione che avrebbe rallegrato e portato dolcezza a tutti i bambini del mondo. La mia amica Befana, è magica e ha un cuore grande! Bimbi che vivete in confortevoli e calde case, chiedo pure a voi d’aiutarla, rinunciando a una piccola pretesa inutile, perché così facendo, lei avrà più risorse da destinare ai bambini emarginati e poveri. Questa però è una notte speciale e non voglio togliervi la magia perché la Befana arriverà da tutti e riempirà di gioia e goloserie le vostre calze. Oggi, 5 di gennaio 2021, ore 18,30 sono appena rientrata a casa mia dopo aver aiutato la Befana a riempire il suo grande sacco senza fondo, le ho impostato Google Map sul cellulare perché con la tecnologia, ancora non se la cava molto bene, e l’ho salutata emozionata mentre veloce, s’alzava in cielo in sella al suo luccicante monopattino nuovo. Se soffrite d’insonnia, o siete soltanto curiosi, stanotte affacciatevi alla finestra, vedrete un luccicore metallico brillare lassù contro le stelle, sarà lei, la Befana, che sorvola il cielo per portare sogni a tutti i bambini del mondo.



venerdì 11 dicembre 2020

Strega Giuditta e la magica torta di castagne (con ricetta originale)

La torta di castagne era il tipico dolce natalizio del nostro Appennino modenese, non avendo trovato leggende che la celebrano, immedesimandomi nei fantasiosi cantastorie che un tempo intrattenevano nelle veglie, ne ho scritto una per ridarle il valore tradizionale che merita.


Si narra che strega Giuditta, abitasse in una catapecchia di legno adiacente alla riva, in Valrossenna. La riva, altro non era che un fitto bosco di secolari castagni sul pendio rivolto al paese, del monte di Palaveggio. Tanto tempo prima, in quel luogo si raccoglievano castagne di ottima qualità che fornivano cibo invernale ai contadini della zona e alle loro famiglie. Poi arrivò lei, e lì si stabilì, riducendo quella zona prosperosa in una macchia impenetrabile. Nessuno più aveva il coraggio di addentrarsi là dentro e con gli anni le liane, grossi arbusti legnosi e rampicanti, s'impadronirono dei castagni e del suolo trasformando quel posto in un paesaggio da paura. Si andava dicendo, che quella strega riuscì a scappare dalla città per non finire sul rogo a cui era destinata e trovò riparo in quella località sconosciuta, che neppure era segnata sulle mappe. Mostruosa e cattiva come il veleno, incuteva terrore a grandi e piccini. Sovente, andava girando per il paese dispensando anatemi e sortilegi a chiunque incontrasse sul suo cammino, nessuno usciva più di casa e le attività dei contadini in campagna, ne risentirono a tal punto, che i campi non più curati e seminati, non produssero più nulla. Nelle case finivano le scorte di cibo e la fame aggrovigliava lo stomaco di quella povera gente a cui non restava che affidarsi alle divinità celesti. La bottegaia del paese, una giovane e bella signora, che in tempi migliori produceva montagne di torte di castagne da vendere ai forestieri, proprio in quel periodo di Natale, stava sveglia giorno e notte per pensare a come uscire da quell'insostenibile situazione. Si accorse che in un un'angolo del suo negozio era rimasto un tocco di castagne secche, sollevando il sacco, all'astuta bottegaia venne l'idea di provare a prendere la strega per la gola. L'indomani si alzò all'alba e preparò la torta di castagne più buona che mai avesse fatto, l'avvolse ancora calda in un telo di lino e coraggiosamente si avviò verso la riva. Giuditta avvertì il buon odore della torta e sniffando estasiata quel profumo, uscì dalla sua catapecchia con appresso il suo fedele guardiano: un magnano nero come la notte e dalle dimensioni paurose, che subito arrotolandosi, cercò di scagliarsi verso la donna. Giuditta, con un comando lo fermò all'istante e rivolgendosi con fare intimidatorio alla giovane gli chiese cosa conteneva quel fagotto che aveva tra le mani. La bottegaia rispose di averle portato in dono il dolce della giovinezza: una torta dalle proprietà magiche che donava bellezza e gioventù a chiunque la mangiasse a Natale. La strega rimase senza parole, mai nessuno le aveva donato qualcosa e in quel momento aveva davanti a sé quella donna che oltre a una strenna, le prometteva la giovinezza e la bellezza? Era difficile resiste a una tale tentazione! Giuditta rimase un momento dubbiosa poi strappò di mano il fagotto alla bottegaia e in quattro e quattr'otto divorò la torta dicendo di volerne ancora. La giovane le disse che non era possibile perché lei, impadronendosi del castagneto, aveva sterminato le castagne e in paese le scorte erano finite, non ne rimaneva più neanche una castagna secca. La bottegaia sempre più audace, fece la proposta a Giuditta che se avesse rinunciato a scagliare sortilegi e anatemi in paese e  permesso ai contadini di riappropriarsi del castagneto, non le sarebbe mai più mancata la torta di castagne a Natale. Giuditta, assaporava ancora quel buon gusto in bocca, mentre pensava alla bellezza che ne avrebbe acquisito e che forse le avrebbe permesso di trovare anche un fidanzato. Presa per la gola accettò i patti della bottegaia e finalmente, quella povera gente poté uscire di casa, riappropriarsi delle campagne e del castagneto che venne ripulito perché continuasse a donare i suoi frutti prodigiosi. La bottegaia non mancò alla promessa e Giuditta ne trasse veramente tanto beneficio perché grazie alle vitamine e agli antiossidanti contenuti nelle castagne riacquistò la gioventù, la bontà la rese poi bella, tanto da diventare una delle ragazze più ambite del paese. In breve trovò l'amore in un giovanotto venuto da via che la sposò e la portò nella sua bella casa in un'altra cittadina. Tutti gli anni a Natale, Giuditta, insieme al suo cavaliere, tornava in quel paese nella Valrossenna per prendere la sua magica torta di castagne che gli era dovuta da contratto. La torta di castagne divenne il dolce nazionale, superando alla lunga la popolarità del panettone. Quella giovane bottegaia invecchiò e volò tra gli angeli, ma prima d'andarsene volle lasciare al mondo la sua magica ricetta, perché tutti potessero preparare la torta di castagne a Natale, per offrirla agli ospiti in quel giorno dove gli incanti s'avverano. Al primo morso, chiunque, anche la creatura più abbietta e insensibile, avrebbe ottenuto bellezza e bontà. Una vecchia magia per prendere chiunque per la gola.







lunedì 6 aprile 2020

ELLOS L'AMICO PIPISTRELLO


ELLOS L'AMICO PIPISTRELLO
A coloro che dovrebbero guardare i pipistrelli con occhi diversi



Un tempo un pipistrello viveva tristemente appollaiato nella soffitta di un contadino, si chiamava Ellos ed era così brutto che nessuno lo voleva per amico.

Possedeva un animo buono, come tutti anch'egli aveva il suo nobile ruolo sulla terra ma questo gli uomini non lo sapevano e spaventati alla sua vista lo scacciavano o gli facevano del male pertanto, lui era costretto sempre a nascondersi.
Non era certo bello a vedere, il suo corpicino peloso ricordava un brutto topo, le orecchie a punta gli davano un che di malvagio, gli occhi piccoli e quelle orrende ali, che di affascinante non avevano niente, ricordavano quelle di un piccolo mostro.
In passato poi spaventose leggende avevano incrementato il terrore di lui, si diceva che succhiasse il sangue ai poveri animali e che vederlo volare ad ali spianate portasse enormi disgrazie.
Niente di tutto ciò era vero, soltanto leggenda, ma gli uomini creduloni cominciarono a emarginarlo arrivando perfino a voler sterminare la sua nobile specie.
Una sera, mentre si preparava a uscire dalla soffitta, un rumore lo fermò; non poteva farsi vedere da nessuno e zitto, zitto, aguzzò quella sua vista limitata e vide entrare un piccolo bambino piangente che si accoccolò a terra.
Era proprio lì sotto e se lui avesse mosso le grandi ali per uscire quel bimbo l’avrebbe visto e si sarebbe spaventato. Passò un po’ di tempo e il piccolo smise di piangere, si alzò e accese la luce.
Fu un attimo! Lo vide e stranamente non si mise a urlare. Ellos era già pronto a sentire le più brutte grida ma il bambino lo guardò stupito chiedendogli: «Chi sei tu? Perché abiti la mia soffitta?».
Ellos si rincuorò e prese coraggio rispondendo: «Sono Ellos e come vedi sono un brutto pipistrello,  abito la tua soffitta perché finora è stata un luogo sicuro per riposare di giorno ma ora stai tranquillo, troverò un’altra sistemazione».
«Non ti ho detto d’andartene» disse il bambino, e continuò: «Visto che abiti in casa mia, volevo sapere chi eri e cosa fai qui ma se non disturbi puoi anche rimanere, mi farai un po’ di compagnia».
Ellos, prendendo sempre più coraggio chiese: «Come ti chiami ragazzo e perché piangevi tanto?».
«Mi chiamo Ginger e per il piangere sono fatti miei, se vuoi rimanere qui non t’intrufolare troppo in cose che non ti riguardano».
Ellos sogghignando benevolo rispose: «Non ti preoccupare Ginger, io sono discreto e se vuoi me lo dici, altrimenti fa lo stesso; ma adesso scusami, devo andare a mangiare qualcosa perché mi sento svenire. Ciao, ciao Ginger ci vedremo domattina se vuoi».
Si alzò in volo aprendo le sue grandi, spaventose ali e in un attimo fu fuori dalla soffitta.
Ginger lo guardò dalla finestrella mentre si allontanava e fra sé e sé, si disse: “Che brutto animale, però è simpatico, cosa mai andrà a mangiare a quest’ora? Non si vede nulla, non c’è poi neanche la luna, mah!”.
L’indomani, di buon’ora, Ginger curioso salì in soffitta e vide Ellos che tranquillamente appeso a una trave dormiva a testa in giù. “Oltre che brutto questo coso è anche matto” pensò divertito.
Si mise a sedere a terra sotto di lui e impaziente cominciò a provocarlo tirandogli addosso pezzetti di carta e a fischiettare ma Ellos sembrava una mummia, non si voleva proprio svegliare. “Che disgraziato d’un brutto animale, sarà stato in giro tutta la notte a fare chissà cosa e ora guardalo lì, sembra un morto legato a una trave si disse Ginger, insistendo di nuovo con i fischi sempre più forti.
Ellos si svegliò, e stiracchiandosi disse: «Ginger, ti prego! Fammi dormire un altro po’, è stata una notte dura, ho incontrato un gufo e ho dovuto lottare tutta notte. Quello voleva annientarmi a tutti i costi ma come vedi ho avuto la meglio».
Ginger rispose: «Avevi promesso di tenermi compagnia e ora ti svegli ben, bene, e mi racconti di questa notte e di quel gufo».
Ellos arrendendosi aprì quelle brutte ali e scese a terra di fianco a Ginger dicendogli: «Io ti racconto della mia notte se tu mi dici cosa avevi ieri da disperarti tanto».
Ginger arrossendo rispose: «Non mi prendi in giro, vero, se te lo dico?».
«Perché dovrei?» disse Ellos.
Ginger stringendosi le mani nervoso cominciò: «Devi sapere che in queste sere d’estate le zanzare mi perseguitano, mi corrono dietro a sciami come fossi cibo buono, pizzicandomi e facendomi molto male. Gli altri bambini stanno giù nell'aia a giocare e mi prendono in giro perché io di continuo mi gratto e dopo un po’devo rientrare per il grande prurito, non ho più amici e come vedi ho il corpo rovinato dalle loro punture».
Ellos sorrise e rispose: «Sei un bambino fortunato, hai trovato l’amico che fa per te perché io mi cibo di zanzare. Sai che in una notte ne posso mangiare anche migliaia! Diventerò la tua ombra e mai più zanzara ti toccherà, te lo prometto, potrai tornare nell'aia a giocare».
Ginger lo guardò stupito. «I miei genitori hanno provato di tutto, hanno comprato ogni tipo di prodotto per allontanarle e il risultato è stato inutile, anzi quei prodotti mi hanno provocato il mal di gola e la tosse. Tu mi dici invece che un animale così brutto, quale sei, le può far fuori mangiandole?»
Ellos drizzò le orecchie a punta dicendo: «Voi uomini siete ingenui e in malafede, proteggete dall'estinzione ogni specie animale ma a noi pipistrelli ci avete scordato, forse perché siamo brutti? Ricorda però che siamo utili, prediamo insetti eliminandone tanti nocivi e fastidiosi all'uomo e alle colture. Invece di usare tanta chimica dannosa alla vostra salute, non potreste facilitare la vita a noi pipistrelli che naturalmente vi aiutiamo?».
Ginger annuì e chiese ancora a Ellos: «Raccontami del gufo e dimmi perché sei così brutto».
Ellos accavallando le zampette pelose rispose: «Ogni animale ha un nemico storico, è naturale, fa parte anche questo del gioco della vita. Uno di questi per quel che mi riguarda è il gufo e stanotte quella bestiaccia aveva pensato di banchettare nutrendosi di me, ma dopo aver lottato nel bosco fino a notte fonda ho avuto per fortuna la meglio e l’ho cacciato via proprio malconcio».
«Devo sempre stare all'erta, ho parecchi nemici tra cui anche i topi di questa soffitta, ma mi so difendere bene e sono brutto perché sono così, non tutti al mondo possono essere belli e piacenti!» «Ho però dei doni fantastici, ultraterreni quasi. È vero che la mia vista è limitata ma in volo emetto ultrasuoni che rimbalzano come palline contro gli oggetti provocando un’eco e così io facilmente, anche nel buio più buio, riesco a ricostruire del tutto l’immagine di ciò che mi sta attorno con la massima precisione». «Posso individuare gli ostacoli e i pericoli e riesco facilmente a cibarmi di piccole zanzare, non ne sbaglio una e vedrai che ti sarò di vero aiuto.»
Ginger, sempre più stupito, disse: «Stasera, caro il mio Ellos, ti metterò alla prova. Io scenderò nell'aia con gli altri bambini e tu, come farebbe il mio angelo custode, mi proteggerai da quegli invadenti insetti».
Ellos rispose: «Wow! Nessuno mi aveva mai paragonato a un angelo custode, ti ringrazio e stasera ricambierò la tua amicizia».
Venne la sera e Ginger andò nell'aia. Gli altri bimbi appena lo videro arrivare cominciarono a gridare: «Arriva grattino, arriva grattino!».
Ginger, sicuro di sé, si rivolse a loro annunciando: «Ora ho un amico di nome Ellos, se non vi spaventate alla sua vista lo chiamo e lui verrà in mio aiuto per cacciare le zanzare che mi perseguitano, potrò giocare nell'aia con voi e così non mi prenderete più in giro».
«Chiamalo, chiamalo!» urlarono i ragazzi.
Ginger fischiettò tre volte, quello era il segnale, e subito Ellos si presentò in tutta la sua grande bruttezza mentre i bambini scappavano a nascondersi spaventati.
Ginger prese Ellos sul palmo della mano e gridò: «Siete dei fifoni, fate i gradassi e poi avete paura di un piccolo e utile pipistrello!».
Dopo un po’, uno alla volta, i ragazzi cominciarono a uscire dai nascondigli avvicinandosi a Ginger per guardare meglio Ellos; in poco tempo si rincuorarono e la paura svanì.
Come promesso Ellos fece il suo dovere riempiendosi la pancia di centinaia e centinaia di zanzare e quella sera Ginger rientrò a casa felice e senza un pizzicotto.
Il giorno seguente tutti i bambini dell’aia volevano un pipistrello, ma purtroppo gli uomini, così insensati, li avevano sterminati quasi tutti.
Non ci fu proprio verso di trovarne uno perché Ellos era uno dei pochi, rari esemplari rimasti.

sabato 8 febbraio 2020

LABORATORIO DEL POLLO BLU

SPUNTI  DAL LABORATORIO
“ IL MISTERO DEL POLLO BLU”
Oggi i bimbi presenti al laboratorio hanno conosciuto “ERCOLE IL POLLO BLU “diverso” nella sua unicità perché BLU e  con la singolarità di saper volare.
Non dimentichiamo mai che ognuno di noi è DIVERSO perché UNICO e se sviluppiamo il SUPERPOTERE di ascoltare, guardare e apprendere senza pregiudizi diventeremo ricchi di sapere, riusciremo a comunicare e a comprenderci scambiandoci reciprocamente  le nostre abilità.
Oggi Ercole era il protagonista assoluto ma proprio da lui abbiamo preso spunto per creare personaggi UNICI con la loro storia e le loro particolarità.
I bambini hanno disegnato e raccontato le loro storie UNICHE E DIVERSE e come sempre i risultati sono sorprendenti.
LA MACCHINA DI SAETTA… che sa volare: autore è un piccolo bimbo di quattro anni ma con le idee molto chiare.
SOFI’ CLONE: la protagonista della storia è una ballerina dall'aspetto inquietante, unica certamente ma a dire il vero un po’ cattiva;  vuole contagiare le lentiggini di cui lei è ricoperta.
LA GIRAFFA LULU’: la storia di una dolce giraffa colore del cielo
IL LAMA SPECIALE: direi di sì! Si chiama Baby e sputa vaniglia da cui si ricava il rinomato thè.
Ecc…
UN BEL POMERIGGIO A EMISFERA ambulatorio logopedico e psicologico a SASSUOLO
FANTASTICA VALENTINA  tutor del progetto e ideatrice di PROGETTI DI CARTA
GRAZIE A TUTTI!




martedì 5 novembre 2019

Gli scarabocchi dei bambini sono arte con la A maiuscola


Quando scarabocchiano i bambini parlano della loro vita e anche se è un atto primitivo, è carico di significato perché è l’inizio dell’avventura.
I genitori farebbero bene a conservare quegli “scarabocchi” perché lì c’è la magia, la purezza, l’arte con la A maiuscola.
L’artista, come il bambino è alla ricerca di qualcosa che non c’è e quando lo trova lo porta dal mondo dell’invisibile al visibile e quell'idea è una sensazione che si affina e si traduce in colori, segni , tratti e forme.
I bambini sono liberi da schemi, non sono contaminati da pregiudizi, è necessario che abbiano la possibilità di esprimersi liberamente e noi adulti abbiamo il dovere di contagiare il meno possibile.
Davanti ad un’opera d’arte loro sono attratti da particolari e dettagli che colpiscono l’immaginario e stimolano la loro creatività fino a riprodurla con originalità utilizzando materiali e tecniche senza inibizioni.
L’arte è istinto, emozione pura, consapevolezza, un pozzo senza fine di storie e suggestioni.




sabato 28 settembre 2019

La vera storia della Valle Dragone




Nella tenebrosa Selva Romanesca, un bosco impenetrabile di antichi faggi secolari, presso il Passo delle Radici, nasce il torrente Dragone che percorrendo le pendici dei monti, bagna i comuni di Frassinoro, Montefiorino, Palagano, finendo poi la sua corsa a Cerredolo, dove confluisce e regala le sue acque al fiume Secchia.


La storia leggendaria raccontata dai vecchi di qui, narrava che gli fu attribuito il nome di Dragone perché si diceva che nei periodi di piena diventava talmente impetuoso da distruggere tutto quello che trovava sul suo percorso. Raccontavano che cammino facendo, quel torrente dalle limpide acque, all'apparenza pacifico, accumulava una tale forza da spazzare via ponti, case e di seminare morte. Lo paragonarono pertanto alla mostruosità di un dragone e tale lo chiamarono, andarono dicendo: che al Dragoùn tòch i an e nin vòl un bucòun (il Dragone tutti gli anni ne vuole un boccone!)
Ma…io li conosco i dragoni! Vi assicuro che non sono cattivi e ho nozioni certe della storia vera del torrente Dragone e dell’omonima valle che percorre.


Tanto tempo fa, sulle cime di questo Appenino, viveva un popolo di poveri contadini che poco aveva se non l’amore per i propri figli e qualche gallina. Quassù la vita non era facile, il tempo era scandito da lunghi e rigidi inverni e da torride e infernali estati. La stagione più bella, quella del tempo dei giochi, dei fiori, del sole e della vita all'aria aperta, per i contadini diventava un vero e proprio inferno.
Non pioveva mai, non c’era acqua e tutto seccava, pertanto non c’era da mangiare perché nulla cresceva nei campi e negli orti, non c’era acqua per bere, per lavarsi e tutti, galline, bambini, uomini e donne soffrivano di sete e di malattie. Anche gli alberi morivano, le foglie cadevano in piena estate, i rami troppo secchi si spezzavano e tutto il bosco intorno con i suoi inquilini moriva. La terra aveva sete, gli uomini, gli animali avevano sete!
Olon, il dragone che viveva sulla cima più alta delle montagne, guardava affranto quella terribile disfatta. Pensò di potere fare qualcosa, aveva tanti poteri e capacità, era suo dovere intervenire per salvare quel povero popolo.



Detto fatto! Chiamò in riunione i contadini e disse loro: «Prendete le galline, le vostre donne, i bambini e tutti gli animali del bosco ancora vivi e andate lontano, il più lontano possibile!». «Perché?» chiesero stupiti i contadini. Olon rispose: «Dovrete stare via tanti inverni e tante estati ma quando tornerete sarà un altro mondo, ci sarà acqua in abbondanza, la terra sarà fertile e nessuno morirà più di sete e fame».
Gli uomini, non troppo convinti ma fiduciosi di Olon, tornarono al villaggio, radunarono donne e bambini, presero le galline, cercarono nei boschi gli animali e partirono in direzione del mare.
Olon, rimasto solo, pensò che fosse ora di dare inizio al suo progetto e si posizionò sulla cima più alta dei monti; raccogliendo tutte le forze di cui era capace, cominciò a sputare fuoco contro le montagne che presero a bruciare come fossero carta. Insisteva e insisteva ancora, le lingue di fiamme arrivavano al cielo, c’era tanto di quel secco che tutto bruciava con estrema facilità, il fumo oscurò tutt'intorno e sembrava la fine del mondo. Con la sua lunghissima e potente coda picchiò poi ripetutamente i grossi monti che si misero a tremare e la terra intorno cominciò a franare, cadeva giù come fosse cioccolato sciolto.
Oltre il fumo, Olon intravide la grande montagna che brillava alla luce del sole come un grosso diamante. Lui con tutta la forza respirò a fondo e gettò verso di essa una lingua di fuoco mai uscita prima dalle sue fauci. Riuscì al primo e unico tentativo a perforare la robusta parete e da quel grande buco cominciò a sgorgare acqua limpida e cristallina che serpeggiando velocemente scendeva lungo i fianchi dei monti formando un corso d’acqua. Il dragone Olon si ritenne soddisfatto, aveva raggiunto il suo scopo!
Ci volle tempo, anni, tanti anni, ma in questa terra si formò una bella vallata attraversata dal  torrente e il territorio dissetato riprese a vivere e a vegetare. Era giunto il momento di chiamare i contadini per godere di tanta meraviglia.
I contadini, rientrarono nelle loro case e seminarono i campi, fecero gli orti e piantarono alberi da frutta, incantati dalla magia e dal potere che aveva quel piccolo corso d’acqua.
Vollero allora ringraziare e rendere onore a Olon chiamando quel torrente “Dragone” e tutta la vallata intorno divenne la “Valle del Dragone” che ancora oggi si può ammirare tra questi sperduti monti dell’Appennino.
A volte ci pensa la natura a trasformare i paesaggi e a creare corsi d’acqua ma non ci avvisa in tempo e crea danni disastrosi e morte, Olon l’anticipò e salvò i contadini di questo luogo.
Fermatevi ogni tanto ad ammirare la Valle e il Torrente Dragone che serpeggiando porta le sue acque in Secchia, godete della meravigliosa vista ma non dimenticate di rendere omaggio al Dragone Olon perché fu merito suo di tanta bellezza.




venerdì 21 febbraio 2014

L'OCA CANTASTORIE


A me piace divertire e la vita alleggerire.
Sono una cantastorie dei folletti che divertono i bimbetti, vivo in un mondo incantato pieno di magia che rallegra la fantasia. Canto le glorie delle vittorie della vita incantata e immaginata. Gli gnomi del bosco fanno ricorso, non vogliono essere all'ultimo posto, i maghi e i draghi mi saltano al petto per ricordarmi il prediletto. Le magiche fate mi saltano agli occhi per nascondermi i loro pastrocchi e le streghe malvagie incaricate, mandan la biscia sulla mia striscia, non gli piace il commento e voglion giustizia.
Il gatto con gli stivali ha tanti rivali ma ha messo il turbo e scappa via furbo. Hansel e Grethel non hanno misura e sono in attesa della sventura, belli e obesi aspettan che la strega li pesi. Fata Morgana rama una trama contro Merlino che tra un po’ ci rimetterà il suo bel capellino. Ad Alice il coniglio scappò e in quel paese la portò ma le piacque e ci restò. I tre porcellini sono proprio carini ma tra un po’ diventeranno gustosi salamini. Lilliput è un posto che non c’è ma se stai in pensiero e perdi il sentiero, arriva il gigante e ti porge l’atlante. Biancaneve e i sette nani si prendon le mani, aspettan la strega che con la mela li frega. Pinocchio in ginocchio prega Geppetto di dargli un dolcetto ma cattivo è stato e di legno è tornato. 
Cappuccetto rosso salta agile il fosso ma il lupo furbetto, l’aspetta e la prende a braccetto per fare un giretto.